22 settembre 2010

Hairspray



Tiè, la recensione di un film più semplice non si poteva scrivere. Vi piace la canzone qui sopra (e come non potrebbe)? Bene, guardate Hairspray. Non vi piace? Uccidetevi. No, dai, sul serio, come fa a non piacervi? Comunque, se la canzone non fosse abbastanza, pensate a un musical spettacolare con un cast composto da John Travolta travestito da donna grassa, Michelle Pfeiffer che fa la MILF razzistella reazionaria, Christopher Walken che fa Christopher Walken, con persino gente insopportabile come Amanda Bynes e Zac Efron a fare la loro porca figura e con l'esordiente Nikki Blonsky che è brava quanto pesa.

Basato sull'omonimo musical di Broadway, basato a sua volta sull'omonimo film del 1988 diretto da John Waters (e che appare in un breve cameo all'inizio di questo rifacimento), Hairspray è un musical allegro e divertente che trascina grazie a una colonna sonora meravigliosa e un cast indovinatissimo che chiaramente si diverte quanto lo spettatore. L'ambientazione anni '60 dona al tutto un gustoso tocco retrò e permette agli autori anche di accennare una rappresentazione delle condizioni sociali che vigevano al tempo in una città americana come Baltimora, argomento sicuramente serio, ma trattato con tatto e con la stessa allegria che contraddistingue il film.

20 settembre 2010

Cosa c'è stasera in tv?

Come da tradizione, con l'arrivo dell'autunno, ricominciano sui canali americani molte delle serie televisive più famose. Io ne seguo regolarmente qualcuna, quindi facciamo il punto della situazione.

The Big Bang Theory (giunta alla quarta serie)
Situation comedy creata da Chuck Lorre, è stata una delle sorprese più piacevoli degli ultimi anni. All'inizio sembrava che gli unici spunti di interesse fossero lo stato di sfigati senza possibilità di recupero dei quattro personaggi maschili principali e tutti i riferimenti alla cultura geek moderna, ma si è poi rivelata una serie divertente e sempre piacevole. Forse ha il difetto di sfruttare troppo il personaggio di Sheldon, ma è anche vero che a volte i risultati sono semplicemente esilaranti.

How I Met Your Mother (giunta alla sesta serie)
Ho comprato e letteralmente divorato in pochi giorni i cofanetti dei DVD delle prime tre serie di questo telefilm che parte da uno spunto piuttosto interessante: un padre (voce fuori campo di Bob Saget) racconta ai suoi due figli (tra cui Lindsy Fonseca, la Katie di Kick-Ass) come ha conosciuto la loro madre. Peccato che dalla quarta serie in poi, la storia della madre faccia sempre meno capolino negli episodi, sostituita da situazioni e vicende che, nella migliore delle ipotesi, fanno appena sorridere. In particolare, Ted Mosby, il tizio alla ricerca della fantomatica madre, è uno dei personaggi più pedanti e fastidiosi degli ultimi anni. I due personaggi di Lily e Barney sono la vera forza trainante dello show, ma anche loro sono stati travolti dal fiume di mediocrità in cui sta affogando il telefilm. Seguirò le prime puntate della nuova serie, nella speranza che torni ai livelli delle prime tre, ma se la qualità sarà quella delle ultime due, la abbandonerò senza troppi rimpianti.

Chuck (giunta alla quarta serie)
Questo telefilm è partito in sordina ed è stato più volte a rischio di essere cancellato. Che sarebbe stato un vero peccato, perché Chuck è una serie discretamente originale, piacevole e divertente con due protagonisti bravi e belli (Zachary Levi e Yvonne Strahovski) e tutta una serie di personaggi comprimari che giustificano la loro presenza con gag e battute che strappano più di un sorriso. E poi c'è l'immancabile sottotrama romantica che rende il tutto più piacevole e dolce. Ah, la trama. Il Chuck del titolo è un ragazzo come tanti che lavora in un negozio di elettronica che viene assunto dal governo americano perché nel suo cervello sono stati involontariamente scaricati tutti i file riservati dei servizi segreti di tutto il mondo.

NCIS (giunta all'ottava serie)
Questo è il mio guilty pleasure. Praticamente è JAG incontra CSI: un poliziesco ambientato nel mondo della marina militare americana. Cosa rende NCIS così irresistibile? I personaggi sono tutti interessanti a loro modo, loro relazioni credibili e i dialoghi sono scritti con mestiere e bravura e sopperiscono alle non sempre irreprensibili trame dei vari episodi. Alla fine la risoluzione dei casi è moderatamente interessante, quello che mi prende è il veder crescere i personaggi, e finora gli autori sono stati bravissimi sotto questo punto di vista.

Glee (giunta alla seconda serie)
Questo lo seguo per modo di dire, visto che ho tutta la prima serie ancora da vedere, ma visto che la seconda inizia a giorni, mi sembrava giusto parlarne. È un musical sulla falsariga di High School Musical, ma senza le coreografie elaborate del film Disney. Prima o poi lo guarderò, giuro, ma intanto mi godo questo filmato meraviglioso.

Questi sono i telefilm che seguo che stanno per ricominciare, di quelli conclusi da poco (tipo True Blood), attualmente in corso o che riprenderanno più avanti ne parlerò (forse) un'altra volta.

19 settembre 2010

The Girlfriend Experience

Ci sono due modi di parlare di The Girlfriend Experience: il primo è facendo finta di non sapere chi sia Sasha Grey, mentre il secondo è ammettere di sapere che la ragazza è una pornostar che alla giovane età di 22 anni ha più di 150 film al suo attivo. Io lo ammetto e no, non li ho visti tutti.

La scelta della Grey per il ruolo di Chelsea, la escort protagonista di questo film diretto Steven Soderbergh e sceneggiato da David Levien e Brian Koppelman (gli stessi di Ocean's Thirteen), non è casuale. La ragazza intanto dimostra molta più capacità di recitare di quanto mi aspettassi, soprattutto considerato che i dialoghi sono in gran parte improvvisati dato che Soderbergh rivelava giornalmente quali scene avrebbero girato. E poi il suo approccio al sesso, distaccato e mercenario, è molto simile a quello di Chelsea, nel modo in cui entrambe separano in maniera distinta e ferrea la loro personalità reale da quella professionale. Ma i servizi di Chelsea non sono solamente un torbido affare di sesso: lei offre ai propri clienti la "girlfriend experience" del titolo, vale a dire che assumerà in tutto e per tutto il ruolo della fidanzata dei suoi clienti, con i quali potrebbe anche limitarsi a parlare per ore della situazione finanziaria degli Stati Uniti. Ambientato nel 2008 nei mesi che hanno preceduto le elezioni presidenziali che hanno visto vincitore Barack Obama, la crisi economica e finanziaria è un argomento che torna spesso nei dialoghi del film.

Realizzato in maniera volutamente artigianale, con movimenti di camera scomposti, primi piani troppo ravvicinati e sonoro in presa diretta dal volume non uniforme, il film mostra la solita bravura di Soderbergh dietro la cinepresa. Ammetto di avere un debole per il suo stile, anche quando il film potrebbe essere meglio. Questo è il caso di The Girlfriend Experience, che soffre di una narrazione incidentale che non pone la necessaria importanza su alcuni dettagli e che soprattutto all'inizio sembra mancare di una direzione definita, con scene che sembrano più conversazioni ascoltate per sbaglio che non vere scene dirette da un regista. Tuttavia, quando il regista rivela finalmente un filo conduttore e si riesce a rimettere insieme i pezzi della vicenda, si ottiene un film atipico, freddo e sperimentale, probabilmente non facile da guardare, e per qualcuno persino noioso, ma con una protagonista che stranisce e temi che non lasciano indifferenti.

16 settembre 2010

Kick-Ass

Dopo la parziale delusione di Scott Pilgrim, ho deciso di rischiarne un'altra e di guardare un altro film tratto da un fumetto che mi è piaciuto, e la scelta è ricaduta su Kick-Ass, film tratto dalla graphic novel scritta da Mark Millar (quello di Wanted) e disegnata da John Romita Jr. "Tratto" è forse un'esagerazione, probabilmente sarebbe più giusto dire "liberamente ispirato", ma aspettiamo ad affrontare questo argomento.

Kick-Ass, il fumetto, ha sì a che fare con i supereroi, il loro ruolo nella società moderna, le loro responsabilità verso le altre persone e tutte le altre menate accessorie, ma solo di passaggio; è soprattutto la storia di un ragazzo come tanti, appassionato di roba da sfigati come i fumetti, che decide di conciarsi come un emerito imbecille e di mettersi a fare il supereroe senza avere nessun potere sovraumano che possa salvargli il culo o una qualche minima capacità di difesa personale per evitare di prendersi una coltellata in pancia.
Il film fa più o meno la stessa cosa fino a circa metà del film, ma poi il regista Matthew Vaughn, quello di Layer Cake e Stardust, decide che il fumetto non era abbastanza allegro e positivo per il pubblico cinematografico e decide di renderlo più potabile e di ammorbidirlo, oltre che a cambiare una serie di dettagli più o meno importanti. Queste modifiche non rovinano il film, fortunatamente, che rimane comunque piacevole e divertente, ma tradiscono lo spirito del fumetto, ed è un peccato. Perché il Big Daddy di Vaughn non è il povero illuso di Millar? Perché Kick-Ass diventa una specie di Iron Man nel finale? Ma soprattutto, per quale cazzo di motivo Katie la dà con grande entusiasmo e trasporto a Dave (l'alter ego di Kick-Ass) nel retro del negozio di fumetti?!

Ma vabbe', alla fine queste sono seghe mentali da fissati, e per questo possiamo anche fregarcene allegramente. Preso come film a sé stante, Kick-Ass fa il suo porco lavoro sotto praticamente tutti i punti di vista: è realizzato con attenzione, gli attori sono azzeccati, i personaggi e la storia funzionano. Peccato solo che Vaughn, invece di seguire la strada tracciata dal fumetto e di fare un film originale per davvero e diverso dagli altri, abbia preferito giocare sul sicuro e presentarci la solita pellicola all'insegna del "vogliamoci tanto bene".

P.S. Grassa risata d'obbligo per la mancata distribuzione in Italia di questo film.

13 settembre 2010

State Of Play

Non so perché, ma generalmente non sono attirato da film come State of Play. Forse fanno parte di un genere che non mi ispira particolarmente, anche se poi di solito, se sono belli ovviamente, mi piacciono.

Ed è questo il caso, perché State of Play è un gran bel pezzo di pellicola. Cioè, non è che la cosa possa sorprendere più tanto, perché è diretto dal Kevin Macdonald di The Last King of Scotland e tra gli sceneggiatori c'è anche Tony Gilroy, non proprio l'ultimo degli imbecilli. Per la cronaca, il soggetto è tratto dall'omonima serie televisiva trasmessa dalla BBC nel 2003.

State of Play è un thriller politico i cui intrighi si svolgono nelle sale del congresso americano e negli uffici di un giornale di Washington. Russell Crowe, che mamma mia quanto s'è lasciato andare, fa il giornalista, mentre Ben Affleck, che è ancora bello come un dio greco invece, fa il politico. Rachel MacAdams fa la gnocca (è anche brava, ci mancherebbe, non sono mica uno sporco maschilista) e quando le avanza tempo fa anche la giovane blogger che aiuta Crowe a risolvere il mistero.

In State of Play c'è tutto quello che serve per fare un thriller di qualità. C'è un regista bravo che sa dosare i tempi e gestire con abilità dialoghi e scene d'azione. C'è una sceneggiatura solida e senza buchi, ci sono degli attori bravi e convincenti (Helen Mirren rulla), ci sono interessanti temi di attualità. Gli unici difetti sono qualche colpo di scena di troppo nel finale, ma le oltre due ore di durata passano in un piacevolissimo baleno.

10 settembre 2010

Scott Pilgrim vs. The World

Sottotitolo: Il Fumetto vs. Il Film. Sottotitolo del sottotitolo: Scott Pilgrim vs. Michael Cera.

Premessa doverosa. Scott Pilgrim vs. The World è uscito il 25 agosto qui nel Regno Unito, mentre in Italia esce a [ROTFL] fine novembre.

Per la trama facciamola semplice, dai: Scott Pilgrim è un film di un ragazzo che incontra una ragazza, con l'aggiunta di sette ex (di lei) intenzionati a uccidere Scott. Ah, è ambientato in Canada, a Toronto.

E il film?

Ora, generalmente io me ne strafrego di paragonare un film al materiale di origine, in questo caso il fumetto in sei volumi creato da Bryan Lee O'Malley e che è davvero spettacolare, pieno di riferimenti a una tonnellata di videogiochi e immerso totalmente nella cultura moderna e giovane, senza però ridicolizzarla o abusarne. Anzi, cerco deliberatamente di evitare di farlo perché sono convinto che un film debba piacere o meno per i suoi pregi e difetti. Però, e però, in questo fatico proprio a non farlo.
Prima di tutto perché c'è Michael Cera nei panni di Scott Pilgrim, scelta che mi ha convinto poco fin dall'inizio. Michael sembra davvero un pezzo di pane, e poi con quella faccia da pesce lesso che si ritrova è riuscito a mettere incinta Ellen Page in Juno, quindi massimo rispetto, però finora gli ho visto fare sempre fare una variazione dello stesso personaggio, un po' come Jesse Eisenberg, con il quale ha confessato in un'intervista di venire spesso confuso, e non penso che sia solo una combinazione. Michael Cera convince quando Scott è timido, sfigato e confuso, ma non fa altrettanto quando dovrebbe tirare fuori le palle come fa il suo personaggio nel corso del film. Verrebbe da urlargli "Sì, ok, però adesso incazzati sul serio e finiscila di fare finta". Il tutto è poi amplificato dal fatto che è circondato da un cast di giovani attori davvero bravi che finiscono per fargli fare una figura barbina.

Però forse sono un filino ingiusto con Cera, perché non è colpa sua se Scott Pilgrim è, molto semplicemente, scritto male. I dialoghi mancano di ritmo e mostrano solo a sprazzi la brillantezza alla quale il regista Edgar Wright ci aveva abituato in Shaun Of The Dead e Hot Fuzz. Il che sorprende, perché nel fumetto facevano spaccare dal ridere. Perché non accade lo stesso nel film? Forse la differenza sta nel fatto che mentre nel fumetto i combattimenti erano nettamente la parte meno interessante e l'interazione tra i vari personaggi era il suo punto di forza, nel film avviene il contrario. A salvare Scott Pilgrim sono una regia e un montaggio sorprendenti per creatività visiva e stilistica e una colonna sonora spettacolare a cui avrebbero dovuto lasciare decisamente più spazio.
Scott Pilgrim è come una ragazza bellissima che ti ipnotizza con la sua bellezza e con i suoi occhi, ma che poi ti fa cadere i coglioni di schianto appena apre bocca. Boh, forse mi aspettavo troppo, ma ci sono rimasto male, ecco.

Ora torno ad ascoltare la colonna sonora.

7 settembre 2010

The Taking of The Pelham 123

Non deve essere facile essere Tony Scott. Già mi immagino alle feste o altre occasioni sociali conversazioni tipo:
"Piacere, Tony. Tony Scott."
"Ah, ma sei mica parente di quello di Blade Runner?"
"Sì, è mio fratello. E faccio anch'io il regista."
"Ma pensa. Certo che Blade Runner era proprio bello. Tu invece che hai fatto?"
"Ah, ne ho fatti molti, come Top Gun, The Last Boyscout e True Romance."
"Ah, capisco..."
Magari questa storia va avanti dai tempi della scuola, con Ridley che faceva il bel tenebroso intellettuale ed era il cocco di mamma mentre Tony che passava le serate al pub a fare le gare di rutti con gli amici. Poraccio, non lo invidio.

The Taking Of The Pelham 123, titolo originale inglese che non sarà evocativo [ROTFL] come quello italiano, ma fa comunque la sua porca figura, è in tutto e per tutto un film del buon Tony. È un thriller mascherato da film d'azione che gioca a fare il thriller, anche ci si mette poco a capire il segreto del thriller. Ci sono pure due personaggi principali ottimi interpretati da Denzel Washington e un John Travolta che gigioneggia come al suol solito, e ci sono John Turturro e James Gandolfini a fare i bravi comprimari.

The Taking Of The Pelham 123 è un bel film solido e fatto con mestiere, soprattutto grazie agli ottimi dialoghi. Già, perché persino in un film Tony Scott ci possono essere dei dialoghi scritti come si deve. Peccato solo che Tony ogni tanto si lasci andare un po' troppo con i movimenti di telecamera inconsulti e il montaggio sincopato che fanno un po' troppo video musicale, e peccato anche che il finale sembri un po' fuori posto in un film come questo. È forse un filino freddo, con tutto così preciso e al suo posto che sembra mancare un vero coinvolgimento emotivo, ma oh, poteva andare molto, ma molto peggio.

3 settembre 2010

The Road

Del bellissimo libro omonimo di Cormac McCarthy ne ho già scritto in precedenza, stavolta tocca al film diretto da John Hillcoat.
La storia è sempre la stessa e non ho notato particolari differenze rispetto al libro, a parte forse far intravedere la catastrofe che ha portato alla distruzione di tutto (senza comunque spiegarne cause né niente del genere), quindi se volete sapere di che si parla, cliccate sul primo link di questo pezzo.

Il film di The Road cattura alla perfezione tutti i pregi del libro: la desolazione del paesaggio e quella emotiva dei personaggi, l'orrore di vedere l'involuzione degli essere umani costretti alle peggio nefandezze pur di sopravvivere, la pressoché totale mancanza di colori e di una anche flebile luce di speranza. La narrazione è lenta e arida, ma concentra gli eventi importanti in un tempo minore, risultando forse (ma molto forse) meno indigesto del libro. Non ha la forza evocativa della prosa essenziale di McCarthy, ma riesce comunque a rappresentare con efficacia lo spettro di un mondo che non c'è più e a comunicare con efficacia la lotta continua dei personaggi tra la disperazione più nera e la voglia di vivere.
Ah, dimenticavo: Viggo Mortensen nel ruolo del padre e Kodi Smit-McPhee in quello del figlio (entrambi senza nome) sono bravissimi.
cookieassistant.com