27 dicembre 2009

La strada

Ovvero The Road di Cormac McCarthy.

The Road è il romanzo più recente del non certo prolifico autore americano. Pubblicato in America nel 2006, nel 2007 ha vinto un meritatissimo premio Pulitzer per la letteratura.
E sì, meritatissimo perché in effetti The Road è un libro splendido. Ambientato in quello che dovrebbe essere ciò che rimane degli Stati Uniti dopo una non meglio specificata catastrofe che ha spazzato via buona parte dell'umanità e tutti gli animali, i protagonisti sono un padre e un figlio senza nome e la loro lotta continua per sopravvivere contro fame e freddo perenni e la minaccia rappresentata dai pochi altri sopravvissuti. Nel tentativo di sfuggire all'inverno incombente, il libro racconta del loro viaggio verso le coste del sud verso un clima più mite.

La trama è appena accennata e McCarthy ci butta nel mezzo del viaggio dei due e sta a noi mettere insieme piano piano i pezzi della storia, solo per renderci conto che non c'è niente del genere. The Road è più l'affresco di una relazione tra un padre e un figlio che cercano rimanere in vita e di conservare quel poco di umano che è rimasto in loro, l'orrore e la disperazione della vita di tutti giorni in condizioni simili.
Lo stile essenziale e minimalista della narrazione ben si adatta alle vicende raccontate, ma rendono anche la lettura del libro faticosa e impervia, così come lo è il cammino dei due protagonisti.

The Road è un libro importante per l'argomento trattato e per come lo tratta. Molti ci troveranno a ragione una visione di uno dei possibili futuri del mondo, altri saranno coinvolti dallo struggente rapporto tra padre e figlio, oppure saranno inorriditi dalle loro condizioni di vita.
Quale che sia l'aspetto che colpisce maggiormente, non c'è dubbio che The Road sia uno di quei libri che merita senza ombra di dubbio alcuno di essere letto. È uno di quei libri.

20 dicembre 2009

Go Speed Racer, Go Speed Racer Go!

Il modo migliore per capire che genere di film è Speed Racer è ascoltare la canzone che accompagna i titoli di coda.

La deriva cazzara dei fratelli Wachowski iniziata con la trilogia di The Matrix continua in questo Speed Racer, ispirato al cartone animato giapponese che in Italia si chiamava, se la memoria non mi inganna, Mach 5 e che tra parentesi a me piaceva un sacco. Però, a differenza di The Matrix (in particolare gli ultimi due), i Wachowski hanno la buona creanza di non prendersi mai sul serio in Speed Racer, quindi tutte la assurdità, le esagerazioni e i pessimi dialoghi che ci rifilano strappano più di un sorriso, voluto o non che sia.
Speed Racer è un tripudio di colori e immagini ultradinamiche con una storia che più debole e insulsa non si può, ma alla fine chi se ne fotte, è talmente sopra le righe e cinetico dal punto di vista visivo che il resto passa totalmente in secondo piano. Le gare, tutte rigorosamente realizzate in ottima grafica computerizzata, sono quasi perfette nella coreografia e nella realizzazione tecnica e lasciano davvero a bocca aperta.

Non entrerà mai nella storia del cinema, ma a me Speed Racer ha fatto divertire come un bambino. A 1080p su un plasma da 42" poi è davvero uno spettacolo per gli occhi.

18 dicembre 2009

A caccia di demoni

"Porca puttana, sono morto." "Oh cribbio, 'sto mostro che fa?" "Ecco, sono morto di nuovo." "Madonna, quanto è grosso questo! [SPLAT]"

Ecco, questo è solo un piccolo campionario delle esclamazioni che si pronunciano giocando a Demon's Souls, gioco esclusivo per PlayStation 3, sviluppato da From Software, pubblicato in America da Atlus e per il quale ancora manca una data di uscita europea, ma dato che la PS3 non ha blocchi territoriali per i giochi, si può tranquillamente giocare con la versione yankee.

Demon's Souls è un GdR d'azione che per molti versi può essere considerato un Dungeon Crawler. Si crea un personaggio, si guadagnano anime uccidendo i vari nemici e poi le si usa per guadagnare livelli e diventare più potenti. Niente di nuovo fin qui.
Il mondo di DS è suddiviso in cinque aree principali divise a loro volta altre sotto-zone, accessibili in sequenza dopo aver eliminato il boss alla fine di ognuna di esse. La particolarità di Demon's Souls risiede nella non linearità dello sviluppo del gioco: l'unica tappa obbligata è il primo livello, dopo di che si può scegliere quale delle altre aree affrontare. E come ogni buon Dungeon Crawler che si rispetti, si può tornare quante volte si vuole in ogni area per uccidere mostri a ripetizione per ottenere anime, oggetti e quant'altro.

L'altra particolarità di DS è rappresentata dalla sua difficoltà. Va detto che non è così difficile come si legge in giro, ma è sicuramente più impegnativo della media dei giochi attuali. I combattimenti sono sempre impegnativi e il rischio di morire per una disattenzione è sempre presente, ma non è per niente un gioco "impossibile". Personalmente ho trovato più difficili i Ninja Gaiden, per dire. Quello che rende DS ai limiti del sado-masochismo videoludico è il fatto che morendo si perdono tutte le anime che si avevano con sé in quel momento e l'unico modo per recuperarle è tornare sul luogo della nostra dipartita e toccare la nostra macchia di sangue. Peccato che morendo saremo trasportati all'inizio del livello e che rinasceranno TUTTI i mostri del livello, incluso quello che ci ha segato pochi istanti prima, e che le anime saranno perse definitivamente se moriremo prima di raggiungere la nostra macchia di sangue.

In DS è implementata anche una particolare funzione online. Nel nostro mondo vedremo macchie di sangue che, se cliccate, ci mostrano come è morto il povero giocatore in quel punto, ottimo modo per sapere cosa ci aspetta più avanti. Giocando si vedono anche delle sagome ectoplasmiche di giocatori che sono nel nostro stesso livello. L'interazione tra i giocatori avviene attraverso dei messaggi di aiuto che è possibile lasciare in qualunque punto dei livelli. Se si è in forma corporea (ah già, se si muore si diventa un'anima e per resuscitare bisogna uccidere un boss o usare una pietra apposita) si può invocare altri due giocatori in forma di fantasmi blu nel nostro mondo per farci aiutare, ma contemporaneamente il nostro mondo potrà essere invaso da un giocatore, sotto forma di fantasma nero, che tenterà di ucciderci per appropriarsi delle nostre anime.

Demon's Souls è un gioco vecchio stile per molti aspetti: è difficile, complicato, con meccaniche di gioco e segreti oscuri, ma che è anche in grado di regalare ore e ore di divertimento grazie a un sistema di combattimento semplice, ma efficace, a una lunga lista di armi ed equipaggiamento assortito da collezionare e un'atmosfera splendida. DS è senza dubbio uno dei giochi migliori di questa generazione di console, ma potrebbe risultare ostico a molti. Tutti gli altri si ritroveranno tra le mani una piccola gemma che merita di essere provata.

15 dicembre 2009

Le pulizie di primavera

Che Amy Adams sia adorabile lo sappiamo tutti (lo sapevate che è nata ad Aviano in Italia?), però è sempre bello averne la conferma.

In Sunshine Cleaning interpreta Rose Lorkowski, una ex capo delle cheerleader ai tempi della scuola superiore, ora ridotta a fare le pulizie in casa di famiglie abbienti, crescere da sola il figlio di circa 10 anni e ad avere una relazione con il suo ex del tempo, ora sposato con un'altra. Proprio grazie a lui, Rose, in urgente bisogno di soldi per pagare la scuola privata per il problematico figlio, apre un'attività di pulizia di scene di crimini e suicidi in società con la scapestrata sorella minore Norah, interpretata dall'attrice inglese Emily Blunt.
Questo lavoro inusuale fa da sfondo a una commedia che parla di una famiglia segnata profondamente dal suicidio della madre avvenuto anni prima e per certi versi è simile a Little Miss Sunshine, con il quale condivide la presenza dell'ottimo Alan Arkin, in cui i protagonisti ritrovano pian piano se stessi e l'armonia familiare. Sunshine Cleaning funziona e racconta una bella storia, grazie anche alle ottime interpretazioni delle due protagoniste che riescono a ricreare in maniera convincente la relazione tra le due sorelle. I dialoghi sono piacevoli e frizzanti e ogni tanto regalano delle piccole gemme che rimangono impresse nella nostra memoria.
Anche se la trama di Sunshine Cleaning non è particolarmente originale, il lavoro di Rose e i bei personaggi fanno di questo film una di quelle commedie che si lasciano con estremo piacere e che lasciano una bella sensazione dentro di noi alla fine.

11 dicembre 2009

Let The Right One In

Ora, non ricordo di preciso quando ho letto Let The Right One In, ma visto che mi è piaciuto tanto, mi sembra un peccato non scriverne... Sperando di non averlo già fatto.

Comunque, dicevo. Let The Right One In è un libro del 2004 scritto dallo svedese John Ajvide Lindqvist. È ambientato a Blackeberg, un sobborgo proletario della Stoccolma dei primi anni '80, e i protagonisti sono Oskar, un dodicenne figlio di divorziati che vive con la madre ed è vittima delle angherie costanti dei bulli a scuola, ed Eli, una bambina dall'aspetto e dalle abitudini bizzarre che si trasferisce nell'appartamento a fianco a quello del ragazzino. Ovviamente, gli strani orari notturni di Eli e la sua immunità totale al freddo inverno svedese nascondono un segreto, ma ciò non impedirà ai due ragazzini di sviluppare una profonda amicizia.

LTROI (di riscrevere tutto il titolo non avevo voglia) può essere catalogato come appartenente al genere horror, del resto c'entrano i vampiri e alcuni passaggi sono decisamente cruenti, ma è tanto, tanto di più. Descrive anche le condizioni sociali di Blackeberg in quegli anni, con tutti i protagonisti afflitti da problemi come alcolismo, deliquenza giovanile o consumo di droghe. È un libro che mette a disagio per molti versi, ma è anche la splendida, toccante storia di due solitudini diversissime che si incontrano e che scoprono di avere tanto in comune nonostante le loro differenze enormi, il tutto evitando accuratamente tutti i cliché triti e ritriti sui vampiri che ci rifilano continuamente. Uno dei libri più belli che ho letto negli ultimi tempi, senza ombra di dubbio.

Da LTROI è stato tratto anche un film, anch'esso di produzione svedese, sceneggiato dall'autore del libro. Se dovessi paragonarlo al libro, direi che mi è piaciuto meno, purtroppo la forza della relazione tra Eli e Oskar non è trasmessa con la stessa intensità, ma rimane un film bellissimo che cattura con maestria l'essenza del libro.

6 dicembre 2009

Miami Vice

Penso che io e giopep abbiamo molte cose in comune, tra cui una passione, forse oltre il dovuto, per Michael Mann. Forse giopep sbrodola un po' più di me quando vede uno dei suoi film, ma devo ammettere che anch'io faccio fatica a non esaltarmi davanti a una pellicola di Mann.

Perché succede? Boh, e chi lo sa. So di sicuro che pochi registi riescono a catturare la mia attenzione in maniera così totale come fa Mann, nonostante i suoi film tendano generalmente a durare più di due ore. Ma sono sempre due ore che volano grazie a una fotografia sempre splendida e a una costruzione delle scene spettacolare. Adoro come cazzo usa quelle telecamere a spalla, sulla sparatoria finale di Miami Vice ce l'avevo un po' barzotto, lo confesso.

E Miami Vice com'è? Beh, è un film di Mann. Punto e basta.

5 dicembre 2009

The Squid and the Whale

Se non avessi saputo fin dall'inizio che il regista di questa commedia è di Noah Baumbach, avrei potuto tranquillamente scambiarla per un film di Wes Anderson, che non a caso è uno dei produttori.

The Squid and the Whale è una commedia con un umorismo agrodolce che narra le vicende di una famiglia che va pian piano disintegrandosi. Il padre, interpretato da Jeff Daniels, è uno scrittore con un passato di successo, ma che ora è ridotto a fare l'insegnante e non riesce ad accettare la propria situazione attuale; la madre, Laura Linney, sta invece diventando famosa proprio con la scrittura, e la cosa causa attrito con il marito (oltre ad altri non trascurabili problemi). Nel mezzo ci sono i due figli, con il più grande, interpretato dall'ottimo Jesse Eisenberg di Zombieland, che vive in adorazione del padre e cerca il suo scampolo di successo, mentre il più piccolo deve fare i conti con i primi istinti sessuali e un principio di alcolismo.

Sebbene il regista sostenga che il film sia solo semi-autobiografico, The Squid and the Whale è un bellissimo affresco familiare, con tutti i pregi e difetti che una famiglia reale può avere. Non ha una trama vera e propria, ma ci accompagna e ci va vivere quello che per molti versi potrebbe essere considerato un dramma, spesso presentato con una azzeccatissima vena umoristica che stempera i toni della vicenda. Ricorda per molti versi The Royal Tenenbaums e The Darjeeling Limited, con i suoi protagonisti un po' particolari e la cadenza dei ritmi narrativi.

I 90 minuti scarsi di The Squid and the Whale sono piacevolissimi e Baumbach riesce a farci sorridere con una punta di amarezza mentre osserviamo i piccoli drammi della famiglia Berkman, per di più accompagnati da un'ottima colonna sonora.
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