28 ottobre 2009

Mr. Fox, Fantastic Mr. Fox

Wes Anderson è un regista che ci sa decisamente fare. Tutti parlano un gran bene di The Royal Tenenbaums, che prometto che vedrò al più presto, e The Darjeeling Limited, di cui ho già parlato brevemente su questo blog, è una piccola gemma di cinematografia.

È per questo che avevo grandi aspettative per il suo lavoro più recente, Fantastic Mr. Fox, una commedia basata sul libro omonimo di Roald Dahl e interamente realizzata con la tecnica dello stop-motion che ha come protagonista una volpe, doppiata dal mai troppo lodato George Clooney, che dopo aver messo la testa a posto per anni per il bene della sua famiglia, torna al suo lavoro preferito: rapinare le fattorie altrui. Questa sua decisione lo porterà ad affrontare tre fattori che saranno tutt'altro che felici delle sue incursioni e questo causerà un inevitabile scontro frontale.

Il film ha uno stile visivo impressionante, mi sono accorto più di una volta che lo stavo guardando a bocca aperta con una faccia sognante. Il lavoro fatto sulle animazioni e sulla realizzazione estetica è davvero encomiabile e vale da solo il prezzo del biglietto. A questo si aggiunge una colonna sonora davvero ispirata che azzecca sempre il pezzo giusto al momento giusto.
E il film vero e proprio? Beh, lo ammetto, non è bello quanto mi aspettavo e speravo. È sicuramente un lavoro di qualità, e mi è anche piaciuto, ma non riesce a decollare del tutto. Presi uno a uno, gli elementi che lo compongono sono ottimi, ma il risultato della loro somma non rispecchia il loro valore. Forse è a causa del doppiaggio che, Clooney a parte, ho trovato un po' sottotono, o forse è colpa di un Clooney così strabordantemente bravo che gli altri risultano meno ispirati.

Rimane comunque il fatto che Fantastic Mr. Fox offre momenti di rara bellezza e puro intrattenimento e una trasposizione a schermo quasi perfetta di un libro per bambini, messaggio morale e lezioni di vita incluse. È un film straconsigliato che però mi ha leggermente insoddisfatto. O forse è colpa delle mie aspettative, così alte che non potevano che andare deluse.

25 ottobre 2009

Nella terra degli zombie

Qui nel Regno Unito è uscito da poco Zombieland, commedia horror/slasher diretta dall'a me sconosciuto Ruben Fleischer e interpretato da Woody Harrelson, Jesse Eisenberg, Emma Stone e Abigail Breslin. Voi poveracci in Italia dovrete aspettare il 2010, febbraio se non ho capito male, per vederlo.

Ambientato in America ai giorni nostri dopo che l'intera nazione, e con molta probabilità anche il resto del mondo, è stata annientata da un virus che ha trasformato la popolazione in zombie famelici, il film narra le storie di quattro improbabili sopravvissuti e della loro ricerca di qualche cosa per la quale valga ancora la pena di vivere. Zombieland mischia con sapienza commedia, horror, slasher, road movie e il risultato è un film che funziona a tutti i livelli. Fa ridere di gusto per le situazioni in cui i protagonisti si ritrovano, assume un tono più serio quando necessario, spaventa e disgusta il giusto quando gli zombie fanno capolino su schermo, ma soprattutto racconta con abilità e ritmo le storie di quattro persone normali alla ricerca di una briciola di normalità in un mondo che di normale non ha più niente.
I protagonisti, seppur piuttosto stereotipati, funzionano e sono tratteggiati in maniera credibile nelle loro piccole e grandi fissazioni, grazie anche alle buone interpretazioni degli attori, con un Woody Harrelson in ottima forma come al solito.

Insomma, Zombieland non sarà ricordato come una tappa fondamentale della storia del cinema, non rivoluziona niente e scopiazza a destra e a manca da film e videogiochi (impossibile non pensare a Left 4 Dead e Dead Rising) simili, ma fa tutto quello che ci si aspetta da un film del genere e lo fa in maniera tremendamente divertente. E poi c'è Bill Murray, che cazzo si può volere di più dalla vita?

20 ottobre 2009

Doppietta giapponese

Come suggerisce il titolo del post, domenica sera ho "consumato" due prodotti di intrattenimento giapponesi.

Uno è un film, Paprika (パプリカ in lingua originale), diretto da Satoshi Kon nel 2006 e basato sull'omonimo romanzo di Yasutaka Tsutsui del 1993. In un futuro prossimo, una società ha sviluppato una tecnica rivoluzionaria di cure psico-analitiche. Al centro di questa rivoluzione si trova il DC Mini, un marchingegno che permette a chi lo utilizza di vedere i sogni delle persone e di esplorare il loro subconscio. Il casino scoppia quando un esemplare di questa macchinetta delle meraviglie viene rubata, con le ovvie e scontate tragiche conseguenze.
La storia è raccontata con efficacia e, pur non essendo particolarmente originale e affrontando temi come lo scontro tra realtà e sogno già visti in passato, riesce a coinvolgere e a risultare comunque interessante. Questo è dovuto anche grazie alla forza dell'immaginario messo a schermo da Kon, soprattutto quando esploriamo i sogni dei vari personaggi. L'estetica del film colpisce per creatività e simbolismo e la forza delle immagini è imponente. Ottima anche la colonna sonora, con un paio di pezzi in particolare davvero degni di nota.
Nonostante trama e temi già noti, Paprika risulta essere un film estremamente godibile grazie a una grande impatto estetico. Insomma, l'è bello bello.

L'altro "prodotto" che ho consumato domenica sera è Out, un libro del 1998 scritto dall'autrice giapponese Natsuo Kirino. Ah, e diciamolo subito, il titolo italiano è... "Le quattro casalinghe di Tokyo"! Peccato che le quattro protagoniste non siano casalinghe, ma vabbè...
Quando l'ho finito la prima cosa che ho pensata è stata "Wow". Sì, perché Out è davvero un libro straordinario. La storia ruota attorno a quattro donne, amiche e colleghe del turno notturno in una fabbrica di bento. Senza rivelare troppo della trama, in seguito a un evento sconvolgente che manda completamente all'aria le loro vite, le quattro donne si ritrovano in un mondo a loro sconosciuto e alieno.
Il ritmo del romanzo è uniforme e freddo, quasi distaccato, come una delle protagoniste, Masako Katori, e il tono della narrazione è dettato dagli eventi raccontati; la maestria e la semplicità con la quale la Kirino danza tra i generi letterari è davvero sorprendente, toccando le condizioni sociali delle donne in Giappone, passando per momenti sanguinosi e truculenti, il tutto condito da tocchi di thriller e giallo qua e là. L'unica cosa che manca forse è il romanticismo, solo accennato in alcuni brevi momenti, ma è comprensibile considerato il tema portante del libro e i suoi protagonisti.
Consigliatomi da un amico, sapevo che Out era un buon libro, ma è davvero andato oltre ogni più rosea aspettativa. Un gran libro che non esito a consigliare a tutti.

14 ottobre 2009

Up!

Dopo tempo immemore, torno finalmente a scrivere qualcosa sul mio blog. E l'occasione non potrebbe migliore, visto che ieri sera ho visto Up, il nuovo film della Pixar. E l'ho visto in 3D, come se non bastasse! Ma andiamo con ordine.

Di raccontare la trama non ne ho granché voglia, quindi mi limiterò a scrivere cosa penso del film. È forse meno commedia dei lavori precedenti, si ride di meno, ma conserva sempre quella magia con la quale Pixar mette a schermo sentimenti ed emozioni, a prescindere dal fatto che di fronte a noi ci sia un vecchietto con gli occhiali o un cane parlante. Ed è proprio grazie a questo che Up conquista, nonostante una storia tutto sommato banale: i sentimenti veicolati sono semplici, ma colpiscono e coinvolgono perché sono comunicati con sincerità e senza traccia di retorica. I primi 10 minuti avrebbero potuto essere tranquillamente la fiera del melenso scontato, e invece si rivelano una toccante sequenza di immagini familiari che non mancano di commuovere. E su questo tono prosegue tutto il film, che non trascina come un The Incredibles o fa sognare come un Wall-E, ma che alla fine dei titoli di coda ti lascia dentro un piacevole tepore, una sensazione di benessere che subito lascia un po' sorpresi, ma che poi si riconduce immeditamente al film appena concluso.
Insomma, Up è un signor film e non tradisce le aspettative. Pixar did it again.

Ora parliamo del 3D. Già, perché persino nella "colourful" Peckham i film vengono trasmessi in 3D. Dimenticate il 3D di 20 anni fa, quello che era semplicemente un giochetto visivo che non aggiungeva nulla al film, e scordatevi quegli occhiali di carta da sfigati. Il 3D di oggi aggiunge letteralmente spessore alla visione del film e non si tratta di oggetti che sembrano colpire lo spettatore, ma di un effetto di profondità mai visto prima. Le prospettive degli oggetti a schermo sono "reali", sembra davvero che ci sia una distanza tra, per esempio, l'albero in primo piano e la casa alle sue spalle, così come sembra davvero di trovarsi davvero a una distesa d'erba o a un deserto. Il nuovo 3D mette davanti ai nostri occhi una nuova rappresentazione della profondità e della prospettiva, la nuova dimensione dona una vera sensazione di solidità. Sembra quasi di trovarsi davanti alla versione aggiornata dei libri con le sagome che uscivano dalle pagine che avevamo da bambini. Ed è un gran bel vedere.

Ah, come al solito, la proiezione del film è stata preceduta da un corto, Partly Cloudy. È bello e carino, ma non è ai livelli di gemme come One Man Band o For The Birds.
cookieassistant.com